mercoledì 10 settembre 2008

La lettura: un piacere che può essere imposto?

La lettura è un piacere, si sa. Un piacere, ossia “senso di viva soddisfazione che deriva dall’appagamento di desideri, fisici o spirituali, o di aspirazioni di vario genere”.
Desiderio quindi, la lettura deve essere un desiderio.
Chi ama leggere desidera leggere e desidera scegliere i libri da leggere da solo, in base al genere, all’autore, all’argomento preferiti, o magari in base alla copertina, al titolo (perché non scegliere un libro dalla copertina completamente bianca?), come mi è stato suggerito ultimamente da una mia prof.
Ma chi non ama leggere non desidera leggere e non pensa neanche lontanamente di entrare in una biblioteca o libreria che sia.
Da un po’ di anni nelle scuole italiane i professori cercano di invogliare i propri studenti alla lettura, il più delle volte costringendo alla lettura. Questo metodo potrebbe valere per i ragazzi delle scuole elementari e medie (quando ancora gli alunni non hanno sviluppato una propria personalità, non sanno ciò che veramente piace a se stessi e ciò che invece non piace) ma tra gli adolescenti, a mio parere, non può che avere effetti catastrofici.
Le classi dei licei italiani (parlo dei licei dal momento che è la realtà in cui mi ritrovo) solitamente sono composte mediamente: c’è chi legge e chi no. Ecco il problema: un professore costringe i suoi alunni a leggere un libro al mese e a consegnare per tempo una relazione scritta riguardante il libro, che il più delle volte risulta essere tutt’altro che un romanzo contemporaneo o comunque un libro piacevole per i ragazzi di quest’età. I librofili in questo modo non hanno il tempo di leggere ciò che vorrebbero perché hanno già un altro libro da leggere. Sì. Un libro imposto. E tra studio impegni vari e relazione sul libro richiesta dal prof, non c’è tempo per latri libri. Si potrebbe dire che le letture consigliate dai professori sono quelle che veramente contano, quelle importanti che servono a formare il liceale perfetto. Ma anche nel caso il lettore si imbattesse in un libro, in un autore che in una situazione normale gli potrebbe benissimo piacere, non lo apprezzerebbe di sicuro come se nel libro vi si fosse imbattuto da solo, senza obbligo.
Per chi invece non ama leggere questa non è altro che perdita di tempo. Anzi è ancor peggio, perché così facendo non si fa altro che inasprire il rapporto tra lo studente e la lettura, quando l’incontro tra i due potrebbe avvenire spontaneamente o per cause che non implichino un obbligo imposto da qualcuno. Certo, molti professori sostengono che con il loro metodo avvicinano molti adolescenti alla lettura, ma purtroppo per loro la percentuale, almeno per ora è molto bassa: nel 2006 infatti la percentuale di studenti che leggevano nel tempo libero si aggirava al di sotto del 25% (Statistica Istat, La lettura dei libri in Italia, 10 maggio 2007).
Quindi: perché continuare con una pratica che non fa altro che peggiorare la situazione?
Questo, bisognerebbe chiederlo ai professori.

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